giovedì 10 maggio 2018

Sara. Quanto vale la vita di una donna?




Non è che per me Sara conti più delle altre. 
La sua morte, il femminicidio compiuto su di lei è terribile come tutti gli altri. 
Ma nei miei ricordi di quell'inizio estate 2016, è diventato più forte il mio attivismo nella lotta antiviolenza. Dopo la morte di Sara, la mia amica  giornalista e scrittrice Angela Maria Fruzzetti mi disse "ora dobbiamo fare qualcosa"... e io risposi "facciamo". 

Dalla morte di Sara Di Pietrantonio è nata la R.A.M. , Rete Antiviolenza Massa (Toscana), ad opera di due donne come tante, due donne che credono nella necessità di metterci la faccia e tanto impegno.
A Sara e a tutte le donne vittime di violenza dedicammo la nostra "Notte dei Drappi Rossi", coinvolgendo centri antiviolenza e cittadine-i in una manifestazione pacifica, civile, sentita, emozionante e molto utile.

Però. Ora leggo nel web e ascolto in tv una notizia che mi fa un po' ribrezzo: l'assassino di Sara vede modificata la sua pena dall'ergastolo (primo grado) a 30 anni (appello).

E allora mi chiedo: noi (in tante, tantissime) lottiamo contro la violenza sulle donne... mentre lo Stato permette vie "facilitate" per questi soggetti inqualificabili?

Per ogni femminicidio serve l'ERGASTOLO senza sconti di pena.

Perché la vita di una donna non vale solo 30 ANNI della vita di un uomo: VALE LA SUA STESSA VITA.

Noi attiviste continueremo a lottare e a impegnarci per avere leggi che ci tutelino da vive e che ci rispettino da morte.

Il rispetto: quella strana parola, quello strano principio che resta sospeso in aria, come qualcosa di irraggiungibile, utopico, fiabesco. Non siamo mai state rispettate dalla società, dalla cultura, dalla storia, dalla giustizia-ingiusta, dalle leggi maschiliste, dal pensiero collettivo, dallo Stato.
Quel rispetto che dovrebbe essere un nostro indiscutibile DIRITTO, dobbiamo andarcelo a CONQUISTARE da sole.
Ora più che mai.

giovedì 29 marzo 2018

Violenza di genere. La bilancia della Giustizia.






Violenza di genere. Violenza di uomini su donne, in quanto donne.
Da sempre, la Bilancia della Giustizia pende troppo da una parte. Non vedo giusta pena. Non vedo parallelo reato-pena. 
E allora... ecco cosa vorrei. 
Ecco la legge che vorrei,  riassunta in un abstract, in poche parole.

UCCIDI una donna? Ergastolo senza sconti di pena.

ATTUI VIOLENZA di qualsiasi tipo su una donna? Vent'anni di galera, senza sconti di pena + annullamento del diritto di voto, d'impresa e di spostamento + confisca di tutti i beni mobili, immobili, finanziari: vanno al centro antiviolenza di zona. 


AGISCI IN BRANCO o hai un LEGAME di parentela o affettivo con la donna? Aggravante. Ti prendi altri vent'anni.


Fatemi fare la legge...

Lo so. Non ne ho il Potere. 
Posso solo sperare che - prima o poi - venga emanata una LEGGE che rispetti davvero il nostro essere Persone e Cittadine.
Una LEGGE equa che rimetta in pari i piatti della Bilancia.
I VIOLENTI devono sapere che esiste uno Stato che tutela i diritti delle donne. Soprattutto il diritto alla vita.

sabato 24 marzo 2018

IL POTERE E LE DONNE #IMPERFETTE


Esprimo il mio pensiero a proposito delle critiche di una certa parte del mondo femminista nei confronti dell'elezione di Maria Elisabetta Alberti Casellati a Presidente del Senato.

Sappiamo che non esistono uomini #perfetti. Vi stupirò, ma sono certa che non esistano neppure donne #perfette (io per prima).
Per cui, mi domando perché quando una donna arriva ad essere la SECONDA CARICA DELLO STATO per la prima volta nella storia della Repubblica... siano proprio le donne (molte, non tutte) ad attaccarla.
Perché è di destra, perché è troppo berlusconiana, perché è stata contro la legge 194, perché porta anche il cognome del marito, etc etc.
Non va bene che una donna - secondo voi - #imperfetta ricopra un simile ruolo?
E quale sarebbe la donna #perfetta?
Si sa: ad alcune sarebbe andato bene un nome, ad altre un nome diverso... e così via.
Ciascuna ha la propria donna #perfetta.
Una sorta di modello e di mito da proporre alle altre.

Purtroppo, continuando l'eterno dibattito sulla donna #perfetta ... perdiamo tempo prezioso, spazi, opportunità. E' un circolo vizioso. Una ricerca dell'Eldorado quasi ingenua. Senza il "quasi".
E così facendo, continua anche la dis-parità di genere nei ruoli, nelle cariche, nella vita del quotidiano. Ovunque. Tutto a vantaggio loro: degli uomini #imperfetti.

Noi donne abbiamo un grave peccato sulla coscienza: guardiamo gli uomini di Potere distinguendoli in accettabili e non accettabili, mentre valutiamo le donne con una severità incredibile, come se cercassimo - appunto - la loro indiscutibile inattaccabile... #perfezione.

La donna #perfetta non esiste, tanto meno in politica.
Però esistono le donne, quelle #imperfette, che possono aiutarci a cambiare non solo la storia della Repubblica, ma anche la STORIA DELLE DONNE, aprendo varchi socio-culturali e politici, facendo da apri-pista. Coscienti o meno di questa funzione di rivoluzionarie e a prescindere dalle loro idee personali.

Nel momento in cui una donna apre una strada alle altre donne, non è più valutabile solo ed esclusivamente come singola persona, ma anche come elemento di cambiamento, come "rottura con il passato".
Del resto, nessuna di noi ha mai agito in modo perfetto nei confronti delle altre donne: ciascuna ha sicuramente compiuto errori (volontari o involontari) a discapito di una o molte. Anche coloro che agiscono nel sociale, nella politica, che ricoprono incarichi di prestigio e potere. Nessuna è #perfetta. Nessuna.
Non aspettiamo Giovanna d'Arco per avere delle donne al Potere.
Non aspettiamo di vedere la Femminista Numero Uno seduta sullo scranno degli uomini.
Iniziamo invece ad apprezzare e sostenere quelle donne che hanno la preparazione culturale e politica per ricoprire determinati incarichi di Potere.
In caso contrario, continueremo a guardare il dito... e non vedremo mai la luna.
Proviamo ad alzare lo sguardo, a vedere oltre, a superare il pensiero politico, assumendo il Pensiero Femminista che guarda alla storia e al cammino delle donne.

martedì 20 marzo 2018

I MINI UOMINI di Barbara Giorgi


Questo monologo è presente nel mio secondo libro "Eva e altri silenzi", pubblicato nel 2014. 
E' un testo dedicato al tema della violenza sulle donne. Ho pensato di creare una definizione di questi individui che attuano violenza di genere e che arrivano spesso al femminicidio.
Ecco, per me, sono dei MINI UOMINI. 
Esseri non definibili come "veri uomini" perché non accettano il fatto che la donna sia un essere pensante, titolare di diritti e doveri, come loro.
I MINI UOMINI sono quelli che si sentono "maxi" solo con la clava del cavernicolo.
I MINI UOMINI sono quelli che attuano VIOLENZA perché non sanno gestire le loro emozioni, non sanno cosa sia l'empatia, non sanno distinguere il sé dall'altro, non sanno cosa sia il rispetto della persona. Il rispetto della vita umana. 
Sono quelli che vedono la donna come un oggetto da possedere, manipolare, usare e poi, spesso, annullare.
Non sono "malati": sono solo dei MINI UOMINI.
________________________________________________________________________________

"I MINI UOMINI" monologo di Barbara Giorgi

Ci sono uomini e uomini. Certo: ci sono anche donne e donne. Come ci sono pure gatti e gatti, lasagne e lasagne, scarpe e scarpe, libri e libri. Al mondo c’è varietà.
Anche gli uomini sono di diverso tipo.
Ma va da sé: senza gli uomini non potremmo certo scrivere e cantare di sole-cuore-amore, non potremmo leggere i versi di Paolo e Francesca, non guarderemmo la luna e le stelle con il naso all’insù e lo stomaco in subbuglio, non compreremmo chili di post-it per lasciare messaggini innamorati in ogni dove, non sospireremmo come asmatiche di fronte al mazzo di rose rosse simbolo d’amore eterno, non piangeremmo lacrime più copiose delle gocce del Gange nel guardare film romantici.
Non saremmo noi. Senza gli uomini non saremmo qui.

E loro senza di noi? Neppure loro sarebbero qui. Solo che molti non lo sanno: credono di essere arrivati con la cicogna.
Comunque, non sono tutti così male.

Ci sono quelli della partita satellitare sparata in tv a tutto volume (per ascoltare meglio i commenti sagaci e filosofeggianti dello speaker) accompagnata da un chilo di spaghetti al dente conditi con vasetto confezione famiglia di sugo all’amatriciana. E birra fredda. Il tutto senza apparecchiare, così come viene, un momento improvvisato e naif sul divano (soprattutto sui divani di stoffa bianchi che attirano il sugo a calamita).
Ma questi sono gli uomini che - probabilmente - ci stanno pure simpatici. Perché, diciamolo, è preferibile che guardino la partita invece di vederli girare in casa con trapano e martello mentre tentano di attaccare mensole. Mine vaganti. E guai a chiedere informazioni sulle intenzioni: è lesa la loro dignità di bricoleur.

Poi ci sono quelli che invece fanno gli intellettuali. Magari non lo sono, ma lo fanno.
E sanno tutto di tutto e tentano di spiegarci al millimetro cosa sarebbe meglio fare-come-quando-perché.
E se ci raccontano una cosa iniziano da Adamo ed Eva, mentre noi sappiamo già qual è la conclusione e pure tutte le eventuali opzioni e vie di fuga. Con e senza mela del peccato.
E mentre parlano, noi pensiamo alla lista della spesa, ripassiamo tutto il bilancio familiare e quello dell’ufficio.
Ma questi uomini non sono così male: parlando tanto, ci aiutano a stare sveglie anche senza caffè.

Poi ancora ci sono quelli muti. Come un pesce, come una lumaca, come il vaso di terracotta con le ortensie. Mutissimi. E se parliamo chiedendo la loro attenzione, ci fissano con un’assenza di pensiero preoccupante. La spiegazione logicissima è sempre quella. Sono stanchi. Noi no. Noi siamo sempre vispe come grilli ad agosto: anche con quarantadue di febbre, mal di testa cronico e tallonite acuta. Ma si sa: la stanchezza è prerogativa del maschio che lavora. La donna lavora per diletto.
Ma anche questi uomini, in fondo, sono amabili. Il loro silenzio ci permette l’elaborazione di monologhi entusiasmanti, tipo quelli tenuti allo Speakers’ Corner a Londra. Ce le cantiamo e ce le suoniamo.
  
E infine ci sono loro: i “mini uomini”. Quelli che sono “mini” in quanto non sono uomini. Non come gli altri. Sono omini, omuncoli, ometti.
I “mini uomini” sono quelli che per sentirsi “maxi” usano la clava: non sono ancora usciti dalla caverna, non sono ancora sapiens sapiens, non hanno ancora capito che l’altra metà del pianeta è abitata da noi donne. Credono di essere gli unici soggetti pensanti di tutto l’universo. Oltre a loro, tutto il resto, dal pidocchio alla donna, dal virus alla femmina… è roba da brodo primordiale. Anzi, credono che i virus siano anche più intelligenti della donna.

I “mini uomini” sono quelli che prima dicono di amarti: vanno in cielo e rubano la luna per te, ti coprono di petali di rosa e ti fanno levitare dal suolo. Poi ad un tratto, un giorno, si tolgono la maschera mostrando il loro essere mostruoso.
E iniziano ad arrivare le critiche cattive, quelle costruite ad hoc per distruggere la nostra sicurezza, per farci sentire in balìa delle onde.
E poi arrivano le offese urlate, quelle scagliate contro come sassi: una lapidazione in piena regola per noi, colpevoli d’essere donne.
E ancora, come in un film dell’orrore quando la musica incalza, ecco le spinte, ecco il primo schiaffo.
E poi un altro ed un altro ancora.
E magari, nel tempo, arrivano i pugni. E i calci sul corpo disteso a terra, piegato e racchiuso in sé come quello di un neonato.

Noi non usiamo la forza. Non quella fisica. Raro.
Noi siamo forti dentro. Siamo dei contenitori immensi di forza interiore. Siamo così immense che in noi non esiste un principio e non esiste una fine.

O meglio, la fine spesso c’è. E noi, con il nostro contenitore di forza, ce ne andiamo senza far troppo rumore. Basta l’ultimo calcio, basta l’ultimo pugno.
Ma il “mini uomo” non vince. Non può vincere. Non vincerà mai.
Perché per ogni donna caduta sotto la sua clava da cavernicolo, ce ne saranno sempre altre mille che alzeranno la testa.

Barbara  Giorgi   Copyright
___________________________________________________________________

venerdì 16 febbraio 2018

LA VIOLENZA SULLE DONNE E LA POLITICA

In vista delle elezioni del 4 marzo 2018, ecco i diversi Partiti politici che parlano di patti con gli italiani, di immigrazione si-no-forse, di razzismo e antirazzismo, di fascismo e antifascismo... 
Ma nessuno spende una parola sulle AZIONI DI CONTRASTO ALLA VIOLENZA SULLE DONNE (intendo azioni concrete, come quelle indicate nella famosa Convenzione di Istanbul del 2011, ratificata dall'Italia). 

In alcuni programmi politici, si possono leggere delle "intenzioni", ma non molto dettagliate e certo non sufficienti a suscitare fiducia nelle elettrici: almeno, non in quelle che si dichiarano femministe e attiviste antiviolenza.  Quelle "promesse" ripetute nel tempo non ci aiutano nella lotta antiviolenza.

Alla luce delle ultime terribili notizie di cronaca pertinenti la violenza sulle donne, mi ha anche colpito un fatto. In una trasmissione tv, la sera del 15 febbraio, un esponente politico (non dico il partito per pietà umana...) ha ricordato quanto avvenuto a Macerata, indicando JESSICA, INVECE DI PAMELA, come vittima di quella precisa violenza.

Vi sembra una sciocchezza confondere i nomi delle vittime di violenza di genere?
Per me non lo è.
No, non è una sciocchezza. Confondere i nomi di vittime della violenza maschile, significa togliere identità specifica ad una DONNA uccisa.

Pamela e Jessica. Due ragazze, la cui morte è stata utilizzata - da destra e da sinistra - per le diverse campagne elettorali, a seconda del colore di partito, del momento, dell'occasione, del post, del tweet politico, del discorso #strappaapplausi in tv. 


Più rispetto per Pamela Mastropietro 18 anni (uccisa a Macerata), più rispetto per Jessica Valentina Faoro, 19 anni (uccisa a Milano). Più rispetto per tutte!

Povere ragazze... non hanno neppure diritto alla loro precisa identità.

A garanzia dei nostri diritti di Esseri umani, Persone, Cittadine, Donne, dovrebbero esserci sia lo Stato, che la Politica (intendo quella vera, quella che tenta, almeno tenta, di risolvere concretamente i problemi reali, impellenti, che devastano la società e il vivere civile).
Ma se lo Stato e la Politica ci fossero davvero... forse non conteremmo una donna morta, quasi ogni giorno.

lunedì 5 febbraio 2018

CHIAMATEMI STREGA - monologo di Barbara Giorgi, dedicato a Franca Rame

Questo è il primo post di questo mio nuovo blog (sì, ne ho altri).
E non potrei scrivere post più adatto di questo.
La mia gioia è grandissima. 

Come sapete (ormai in tant*), nel 2012 scrissi il monologo "CHIAMATEMI STREGA", dedicandolo alla grande Franca Rame. Lei lo pubblicò nel suo blog (grazie a LV Toffolon che lo sottopose alla sua attenzione). Il monologo ottenne moltissime visualizzazioni e fu diffuso ovunque nel web. Dopo la morte del Maestro Dario Fo, per necessità tecniche di aggiornamento, il mio monologo non risultò più nel blog. Ora... per caso... facendo ricerche online... ritrovo la pubblicazione di "Chiamatemi strega" nel blog di Franca Rame. Pubblicato di nuovo!

Grazie alla COMPAGNIA TEATRALE FO-RAME per questo onore.
Grazie a Franca Rame che, ne sono certa, da lassù continua a dare un'occhiata al cammino delle donne, delle streghe, delle ribelli. Di quelle che non temono i roghi...
"Non importa chi sono. Non importa come mi chiamo. Potete chiamarmi Strega..."


Ecco il link del blog di Franca Rame dove potete trovare il monologo CHIAMATEMI STREGA

E qui riporto il testo.

CHIAMATEMI STREGA, monologo di Barbara Giorgi


"Non importa chi sono. Non importa come mi chiamo. Potete chiamarmi Strega.
Perché tanto la mia natura è quella. Da sempre, dal primo vagito, dal primo respiro di vita, dal primo calcio che ho tirato al mondo.
Sono una di quelle donne che hanno il fuoco nell’anima, sono una di quelle donne che hanno la vista e l’udito di un gatto, sono una di quelle donne che parlano con gli alberi e le formiche, sono una di quelle donne che hanno il cervello di Ipazia, di Artemisia, di Madame Curie.
E sono bella! Ho la bellezza della luce, ho la bellezza dell’armonia, ho la bellezza del mare in tempesta, ho la bellezza di una tigre, ho la bellezza dei girasoli, della lavanda e pure dell’erba gramigna!
Per cui sono Strega.
Sono Strega perché sono diversa, sono unica, sono un’altra, sono me stessa, sono fuori dalle righe, sono fuori dagli schemi, sono a-normale…  sono io!
Sono Strega perché sono fiera del mio essere animale-donna-zingara-artista e … folle ingegnere della mia vita.
Sono Strega perché so usare la testa, perché dico sempre ciò che penso, perché non ho paura della parola pericolosa e pruriginosa, della parola potente e possente.
Sono Strega perché spesso dò fastidio alle Sante Inquisizioni di questo strano millennio, di questo Medioevo di tribunali mediatici e apatici.
Sono Strega perché i roghi esistono ancora e io – prima o poi – potrei finirci dentro."




Sara. Quanto vale la vita di una donna?